Diario di Isabeaux

La sorte non è stata affatto benevola con noi. L'avevo detto a Rudy di non toccare quell'amuleto, così pervaso di magia e malvagità, ma purtroppo lui non mi ha ascoltata.
E così, di punto in bianco, dove prima c'erano le nostre montagne innevate e i nostri boschi di conifere, ecco apparire un grigia nebbia, un sogno evanescente dove voci confuse mi tentavano e la terribile sensazione di non avere più un corpo.
Purtroppo, il risveglio da questo sogno si è rivelato un incubo ben peggiore.
Lontana dal mio ducato e dalla mia gente, lontana dai miei voti e dalla mia vendetta, ora sono sola con mio fratello in questa terra sperduta, dal clima malsano e dalla gente infelice. La strada per il ritorno sembra perduta: questa terre maledetta, di nome Darkon, non è presente su nessuna delle mappe a noi conosciute.
Cosa ancora più strana, non vi sono strade che portano in questo regno, né che ne escono: tutto intorno c'è solo nebbia, nebbia e nient'altro che nebbia. 
Dopo aver viaggiato per questo regno per alcune settimane, io e Rudy abbiamo deciso di imbarcarci nella speranza che, almeno via mare, sia possibile raggiungere altre terre.
Ma anche al di fuori della terra ferma, la malasorte sembra continuare a perseguitarci. Una forte tempesta spazza la nave per diversi giorni, causando alcune vittime tra l'equipaggio e danni ingenti allo scafo, portandoci di molto al di fuori della nostra rotta. Il capitano riesce comunque a governare la nave fino ad un porto sicuro, Port d'Elhour. Questa città è ancora più squallida di Darkon: le strade sono popolate da mendicanti e tutte le persone sembrano tristi e cupe, per nulla socievoli o di buone maniere.
Essendo la nave impossibilitata a lasciare nuovamente il porto, abbiamo deciso di perlustrare questo nuovo reame, sperando di trovare una via d'uscita da queste terre maledette. Quello che invece incontriamo è un'anima perduta, uno storpio che arranca sorretto da due stampelle verso di me e mio fratello.
Una sorta di tenue aura malvagia circonda il derelitto, mettendoci subito sulla difensiva. Dopo poche parola scambiate velocemente, risulta evidente che quest'anima in pena, alla ricerca delle redenzione, ha commesso gravissime azioni nel suo passato e ora, in punto di morte, cerca di porvi rimedio. Il pover'uomo ci affida un fagotto, dicendo che l'oggetto al suo interno è estremamente pericoloso e raccomandandoci di non usarlo per nessun motivo al mondo. Ci chiede infine di riconsegnarlo al suo legittimo proprietario, un elfo di nome Maeglin, riconoscibile perché accompagnato da un piccolo pegaso.
Seguendo le ultime volontà del mendicante, ci incamminiamo verso Marais d'Tarascone, un piccolo villaggio all'interno della palude di Sourange, alla ricerca di questo elfo. Sulla strada, veniamo sorpresi da un temporale e troviamo rifugio in una torre all'apparenza abbandonata. E così ci apprestiamo a passare la notte.
 
La prima impressione, ovvero che la torre sia disabitata, a quanto pare si rivela falsa, dal momento che un numeroso e variopinto gruppo di persone rincasa poco dopo di noi, autoproclamandosi i proprietari dell'edificio. Non che gli si possa dare molto credito: dall'aspetto, i nuovi venuti risultano più malandati e disordinati della torre, sono più propensa a credere che siano anch'essi dei viandanti o avventurieri, visto anche il loro equipaggiamento. In ogni caso, io e Rudy decidiamo di stare al gioco e di accettare la "loro" ospitalità per la notte, tantopiù che, insieme a loro, viaggia anche un cucciolo di pegaso!
 
Dopo aver scambiato qualche parola, la situazione risulta molto più chiara. Questi viandanti sono i compagni di viaggio dell'elfo Maeglin, al quale io e Ruby avremmo dovuto riconsegnare il fagotto. Purtroppo l'elfo è deceduto combattendo quindi non sarà più possibile rendergli l'oggetto. Con insistenza, la persona più anziana del gruppo cerca di farselo consegnare, adducendo motivazioni quasi prive di senso e cercando, credo, di raggirarci. Ruby sembra molto restio a separarsi dal manufatto e io non posso che sostenerlo. Abbiamo giurato di riconsegnarlo all'elfo, suo legittimo proprietario: non potendo farlo, non ci resta che cercare gli eredi di Maeglin e restituire a loro ciò che gli spetta. Fino ad allora, per il bene e la sicurezza di tutti, nessuno all'infuori di noi dovrà possedere tale manufatto.
 
E così, coi tuoni che ci fanno da sottofondo, ci apprestiamo a coricarci per la notte nella torre insieme a questi avventurieri.
 
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