giorno-31

Dopo lo scontro, gli eroi decidono di far visita a Isu, per chiederle notizia di questi nuovi fenomeni.

Lei li informa che alcuni tra il popolo di Mudar sono convinti dell’esistenza di una maledizione legata a Ankhtepot, l’ultimo faraone di Har’Akir, e racconta loro la sua storia.

Ankhtepot era ossessionato dalla ricerca dell’immortalità, e per questo era diventato un tiranno sanguinario. Un giorno, disperato, profanò un tempio uccidendo tutti i sacerdoti, e invocò delle risposte dal dio Osiride. Il dio gli parlò, dicendogli che avrebbe ottenuto l’immortalità, ma a caro prezzo. Lui tornò felice a casa, ma quando abbracciò la moglie ed i figli, questi caddero morti sul posto. Lui fu preda dell’orrore, capì che Osiride l’aveva maledetto per la sua arroganza, e impazzì. I suoi cortigiani, sapendo che durante il giorno potevano arrecargli danno, lo uccisero, seppellendolo nel tempio sotto l’altopiano, ma alcuni dicono che non sia morto e che vaghi nelle sabbie di Har’Akir per l’eternità.

Gli eroi decidono così che potrebbe essere utile andare a dare un’occhiata da vicino alla tomba di Ankhtepot, sebbene Isu li ammonisca che si tratta di un luogo sacro, e che attirerebbero su di loro la maledizione del faraone se lo profanassero. Incuranti di ciò, gli eroi decidono di attendere l’oscurità per mettersi in cammino verso la rupe.

Tornati al resto del campo dei Vistani, gli eroi trovano Duclimae seduta davanti ad una specie di tavolino sul quale sono posate delle carte. Ha lo sguardo assente, come se vedesse luoghi lontani, e pronuncia una frase misteriosa: “Il Re è vivo, la Regina serve il Fante, tre sono le notti, l’uno l’aprirà”. Nessuno degli eroi è in grado di comprendere il significato di queste parole, anche se alla luce delle rivelazioni di Isu, il Re potrebbe essere Ankhtepot, e la Regina essere la stessa Isu, o la moglie del faraone scomparsa nel giorno della sua sepoltura.

Non appena pronunciate queste parole, Dulcimae torna in sé e non ricorda nulla.

Con l’approssimarsi della notte, gli eroi si mettono in marcia verso la rupe. La via li conduce fino all’imboccatura di una stretta valle, quasi una gola, al fondo della quale dovrebbe trovarsi la tomba. La luce della luna non riesce a penetrare nella valle, e l’oscurità all’interno è quasi totale, ma i pochi coraggiosi si mettono in marcia, facendo luce con un sasso incantato da Ghertrude.

Dopo non più di una cinquantina di metri, una miriade di piccole luci si accendono davanti a loro, occupando l’intera estensione della gola, mentre ringhi sommessi riempiono l’aria. Qualche tipo di bestie si sta mettendo d’impegno per bloccare loro il passo. Quando la luce li illumina, si rivelano essere dei grossi esseri simili a cani, sbavanti e ringhianti.

Satilyn cerca di ammansirli, ma sono troppi ed il tentativo non va a buon fine. Zenyth, ritenendo che si tratti solo di comuni cani, pensa di potersela cavare a buon mercato e di spaventarli con qualche fuoco d’artificio magico, e si fa avanti senza paura mentre gli altri restano prudentemente indietro. Le bestie non indietreggiano, continuando a mostrare i denti e a ululare minacciosamente, ma senza attaccare. Solo quando il corpo del druido entra in contatto con uno di loro, questo finalmente gli balza addosso, subendo la scarica magica del drudo. Invece di spaventarsi, alcune delle altre bestie si gettano addosso al druido e lo uccidono con pochi morsi. Evidentemente, non si trattava di semplici cani.

Gli altri, scioccati e spaventati, decidono di indietreggiare, e viene loro concesso di lasciare la gola senza essere attaccati.

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